É stata la prima donna in Italia a far parte dell’esercito reclutato dalle multinazionali per sviluppare nuove molecole con l’obiettivo di sconfiggere il killer della frutta, la tanto temuta mosca mediterranea – della famiglia Tephritidae – che negli ultimi anni ha messo in ginocchio il mercato agricolo. Per Marilena Porto, catanese di 36 anni, agronomo entomologo (studiosa di insetti), le emozioni della natura non si trasformano solo in avventura, ma in studio, analisi, scoperta scientifica, innovazione.
Jeans e scarponi sono la sua tenuta da lavoro, quando si aggira per i campi con un obiettivo ben preciso: garantire la sicurezza dell’ecosistema, spesso aggredito da parassiti animali che ne risucchiano l’essenza. Una passione di famiglia – suo padre é un ex funzionario dell’Ente sviluppo agricolo, sua sorella é enologo di professione – che é cresciuta nel tempo fino a diventare il suo instancabile lavoro, racchiuso dentro quel micromondo abitato dagli insetti che, forse non tutti sanno, costituiscono più del 95% delle specie animali che popolano il pianeta, rappresentando perciò l’esempio più significativo della “biodiversità”. “Sin da piccola sono stata attratta dal mondo dell’agricoltura – racconta Marilena – a volte mio padre ci portava con sé, di notte, quando effettuava i controlli per conto della Regione Siciliana: avevo sei anni e mentre ero assorta nel silenzio delle campagne è scoccata la scintilla”.
Così prima l’Istituto tecnico, poi la Laurea in Agraria e nel 2003 il dottorato di ricerca in Scienze e tecnologie fitosanitarie sul “cold treatment”, una procedura adottata per impedire la diffusione dell’insetto mediterraneo durante l’esportazione delle arance siciliane in Giappone: “Mi ritengo molto fortunata perché il giorno dopo la dissertazione della tesi – continua l’agronomo – sono partita per sostenere un colloquio a Bologna e sono stata subito assunta dalla Dow AgroSciences: società americana che con i suoi 50mila dipendenti opera nel settore agrochimico, applicando scienza e tecnologia per creare soluzioni, prodotti e servizi nel settore degli agrofarmaci”. Un lavoro che si trasforma presto in progetto sperimentale: una battaglia lunga sette anni contro le mosche della frutta, attraverso una nuova tecnologia biologica, che oggi consente di sostituire il vecchio nocivo insetticida chimico: “Si tratta di un’esca proteica specifica (Spintor fly) – spiega Porto – una miscela di due tossine dotate di notevole attività insetticida, ottenute attraverso un processo naturale di fermentazione da un batterio del suolo.
Una vera e propria rivoluzione per il nostro comparto perché ha ridotto i tempi di applicazione, i costi di distribuzione e soprattutto i consumi d’acqua. Basti pensare che prima, per trattare un qualsiasi frutteto dovevano essere utilizzati 2000 litri d’acqua per ogni ettaro, oggi grazie a questo prodotto ne bastano soltanto 4. È sufficiente, inoltre, trattare il 50% delle piante, con un intervallo di 8-12 giorni in funzione del livello di infestazione. Ma cosa più importante, grazie a questa soluzione – che é autorizzata anche in agricoltura biologica – non vi è alcun impatto residuale sui frutti e nessun rischio per l’operatore che esegue il trattamento”.
Una continua ricerca, la sua, volta alla crescita sostenibile dell’agricoltura, a una maggiore qualità degli alimenti e delle materie prime, nonché a un uso responsabile dell’ambiente e delle sue risorse. E adesso Marilena, che ha sviluppato e testato dosaggio, miscibilità ed efficacia di questa molecola con un team di colleghi, va in giro per l’Europa ad organizzare convegni rivolti a una platea di tecnici e agricoltori con l’obiettivo di spiegare i vantaggi di questa innovativa scoperta. Pensando già a nuovi progetti da mettere in campo. Tra i campi.
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